Era il 28 luglio 1972. Al Cinema Roxi in via Luciani a Roma proiettavano il mio film “Stress” con Lou Castel, Salvo Randone, Leopoldo Trieste e Delia Boccardo. Quel giorno particolarmente afoso mi recai al cinema Roxi (oggi non esiste più) a rivedere il mio film, accompagnato da Domenico Meccoli, in quegli anni, critico cinematografico di Epoca, e Leopoldo Trieste. Il film era appena iniziato, scorrevano i titoli di testa. A un tratto, nella penombra della sala, inconfondibile nella sua sagoma, ci appare Aldo Moro, solo, apparentemente senza scorta, percorre il corridoio centrale e si siede nella fila davanti alla nostra. Trieste mi lanciò una occhiata di sorpresa. Aldo Moro, che era un appassionato cinefilo, seguì il film con molta attenzione. Forse, pensai, era venuto perché incuriosito dalla pubblicità che così diceva: “Dopo questo film Lou Castel è stato espulso dall’Italia”. Lou Castel era un attore particolarmente impegnato come attivista della sinistra maoista. Mi fu raccontato che con parte del suo compenso di attore faceva stampare migliaia di copie del libretto rosso di Mao, che andava poi a distribuire nel sud Italia, con l'idea di fomentare, come Carlo Pisacane, la rivolta delle "classi oppresse". Lou Castel aveva aderito alla formazione maoista Servire il popolo, formata da gruppi di fuoriusciti dal Movimento studentesco. Proprio per questi fatti, Castel fu dichiarato indesiderabile, e nel 1972 allontanato dall’Italia e messo su un aereo per Stoccolma.
Nell’intervallo, quando in sala si accesero le luci, Aldo Moro, mi apparve estraniato, chiuso in se stesso, il volto poggiata alla mano. Poi prese dalla tasca della giacca un foglio ripiegato e iniziò a scrivere. Domenico Meccoli allungò lo sguardo, tentando di leggere e carpirgli chissà quali segreti. Mi riferì di essere riuscito a leggere la parola “dimissioni”. Sarà stato vero? Chissà. Fatto sta che il giorno dopo, il 29 luglio 1972 Aldo Moro, Ministro degli Esteri, si dimise, facendo cadere il governo Andreotti.
Avrei voluto salutarlo e dirgli: presidente, sono il regista del film. Ma andò via con passo felpato a sala ancora buia, prima della conclusione dei titoli di coda.
Il secondo incontro con Aldo Moro fu ancora una volta in un cinema.
Al Farnese in Campo dei Fiori a Roma, proiettavano “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin. In quegli anni bui, insanguinati dal terrorismo nero e rosso, il cinema Farnese era un locale frequentato esclusivamente da giovani “incazzati” di Lotta continua, Potere operaio e frange estreme del Movimento studentesco. In seguito si disse che quel locale fosse frequentato anche da brigatisti. Una ipotesi suggestiva, immaginare Aldo Moro,spettatore con quelli che sarebbero diventati i suoi carcerieri e asssassini. A film iniziato, mentre ancora scorrevano i titoli di testa, ecco che nella penombra della sala, con grande sorpresa, soprattutto per il luogo, estremamente off limits ai " nemici del popolo", come una apparizione, Aldo Moro, anche questa volta solo, e apparentemente senza scorta. Si andò a sedere poco avanti, lato corridoio. Mi venne subito da pensare: quando si accenderanno le luci, accadrà il finimondo. Avrei voluto dirgli: presidente qui è pericoloso. Ne va della sua incolumità” Ma pensai che avrei peccato di ingenuità. Lo saprà bene dove è venuto.
Ma mi dovetti ricredere. E grande fu la sorpresa quando nell’intervallo, il pubblico, generalmente esuberante e rumoroso, restò incomprensibilmente silenzioso. Indifferente. Ostentatamente indifferente, a quella presenza inaspettata e insolita.La tensione era palpabile. Solo qualche bisbiglio. Anche l’uomo che nell’intervallo vendeva “gelati, bomboniere, pop corn” aveva attenuato il tono della voce. Perché. Quasi un senso di “democratico” rispetto per il nemico, che era entrato senza scorta (disarmato) nel loro covo, a condividere la lezione di un grande maestro del cinema.
Rividi Aldo Moro dopo qualche anno, era il 15 marzo 1978. Le idi di marzo, mi venne poi da pensare, dopo i tragici fatti. Era una giornata primaverile. Mi dirigevo verso via Nizza, alla sede dell’Enpals, e incrociai Moro in via Savoia, ove, aveva il suo ufficio. Passeggiava sotto lo sguardo vigile della scorta, conversando col dott. Nicola Rana, suo storico segretario particolare. Il giorno dopo, la mattina del 16 marzo 1978, giorno in cui il nuovo Governo, guidato da Giulio Andreotti stava per essere presentato in Parlamento per ottenere la fiducia, l'auto che trasportava Aldo Moro dalla sua abitazione all’Università la Sapienza, fu intercettata in via Fani da un nucleo armato delle Brigate Rosse.